Chi sei in tre pregi e tre difetti
Sono della Bilancia e inevitabilmente mi pregio del senso di giustizia e di equità.
Sono anche un po’ archeologo, poiché non mi fermo mai alla superficie ma scavo alla scoperta di ciò che sta sotto all’apparenza.
Sono infine un po’ socratico: so di non sapere e quindi sono infinitamente curioso, per aggiungere un ulteriore pezzetto alla mia conoscenza.
Mi difetta invece la paziente bonarietà e quindi sono irrequieto e permaloso.
Soffro di un eccessivo bisogno di controllo: se non domino un fenomeno cado in un corrosivo stato di ansietà.
Anche se sono abile a nasconderlo soffro di timidezza e sotto a un’apparente sicurezza serpeggia lo smarrimento.
Che fai nella vita e da quanto tempo scrivi
Sono giornalista e scrivo “da sempre”.
Sono laureato in matematica e ho insegnato nei licei e all’università. Passato al giornalismo, come free lance ho lavorato per “Il Manifesto”, “Il Mondo”, “Capital”, “Gente Money” e, dall’88, per il “Corriere Della Sera” per il quale, nel 2005, ho ideato le pagine “Economia & Carriere” e, dal 2008 al 2019, ho curato la Rubrica “Giovani all’estero”.
Ho pubblicato “Ciao Italia!” (Mind, 2020), “Addio per sempre?” (IDE, 2015) e sono coautore di “Letteratura per manager” (Etas, 2008), “Le aziende invisibili” (Scheiwiller, 2008), “Tutto Lavoro” (Etas, 2002), “Lavoro in affitto” (Zelig, 1999).
“SALVATO DALLO SWING” è il mio primo (tardivo, dovevo svegliarmi prima) romanzo
Come è nata la tua passione per la scrittura e secondo te a che tipo di pubblico si rivolge? Che tipo di messaggio vuol lanciare la tua opera?
È nata nella scuola e con la scuola, quando da piccolo ho scoperto che mettendo insieme le lettere dell’alfabeto magicamente ne uscivano parole, frasi, discorsi, affabulazioni, descrizioni, rappresentazioni, storie, racconti, sogni …
Il pubblico? Gli amanti del romanzo storico, delle vicende umane che rendono vivi gli accadimenti del passato. Anche però chi ritiene la musica una parte importante della vita, chi ama il jazz (classico), chi suona uno strumento e lo vive come espansione di sé. Infine i giovani, che non conoscono la guerra, le paure e i drammi vissuti dai loro nonni.
Non voglio lanciare alcun messaggio. Non è compito della letteratura lanciare al “popolo” solenni allocuzioni o roboanti insegnamenti. Compito di un narratore è coinvolgere chi legge in una storia che lo seduca, o quantomeno l’accompagni, come un amico ritrovato ogni volta che riprende la lettura interrotta. E quando la storia finisce, lasciare la nostalgia di un compagno perso. Quindi, non messaggi ma, direi, “bigliettini di appuntamento”.
C’ è un passo del tuo ultimo libro che secondo te, ne riassume un po’ il senso?
Forse questa riflessione di Giacinto, il protagonista, che trova sempre una ragione di speranza e di rilancio nelle difficoltà della vita:
“Quando mi metto, come ora, a pensare cosa sia la vita, mi viene in mente un croupier. Sei lì che giochi al casinò e quello continua a darti carte perdenti. Due, tre, dieci di fila, tanto che ormai pensi di non avere più chance, che le buone occasioni non siano per te. Poi tutto si ribalta, arriva una sola carta positiva e tu torni a vedere la realtà come una stanza piena di sole. E il bello è che la vita, se hai il coraggio di aspettare e non butti via l’intelligenza della speranza, quella carta buona prima o poi te la serve davvero: di nuovo il violino, di nuovo io a capo di un’orchestra, le mani libere e la mente pronta a riempirsi di suoni!”
Il tuo motto il tuo stile di vita?
Sposerei un motto di George Bernard Shaw:
“Una vita spesa a commettere errori, non solo è più onorevole, ma è molto più utile di una vita passata a non far niente”.
Ritengo infatti che l’unico modo per affrontare la vita in modo non apatico sia quello che Karl Popper attribuisce agli scienziati: per prove ed errori.
Cosa diresti a chi si avvicina pe la prima volta a questo mondo? Ci sono “controindicazioni”?
Il mondo che conosco bene è quello del giornalismo, in cui opero da decenni. Sono invece un neofita in quello della narrativa.
Oggi il giornalismo, perlomeno quello cartaceo, è quasi inaccessibile, perché ormai nessun grande giornale fa più assunzioni stabili. Inoltre, fino a qualche anno fa, offriva “privilegi”, molti benefit e buone retribuzioni. Oggi invece molti giornalisti sono sottopagati e “spremuti”, soprattutto i giovani, senza prospettive di stabilizzazione.
Per quanto riguarda la narrativa mi sembra ci siano ostacoli enormi per i nuovi autori. Se non sei un nome già affermato trovi barriere insuperabili. Anche io stesso, che ho pubblicato diversi libri di saggistica, ho incontrato grosse resistenze. Alla fine, anche a fronte di altre proposte, ho scelto “Edizioni Il Falò”, perché è una casa editrice giovane e piena di entusiasmo verso le nuove proposte.
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